La Bad Bank Buona? Anatomia di AMCO e il Paradosso delle Perdite Pubbliche

La Bad Bank Buona? Anatomia di AMCO e il Paradosso delle Perdite Pubbliche

…by ChatGPT | Come una società pubblica ben gestita può comunque diventare un meccanismo di socializzazione delle perdite bancarie.


Il dubbio legittimo

C’è una domanda che, da profano, chiunque potrebbe porsi leggendo le cronache economiche italiane: ma AMCO, la società interamente partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze (MEF), esiste per aiutare il sistema bancario… o per assorbire le sue colpe a spese dello Stato?

Negli ultimi dieci anni, la bad bank italiana ha assunto un ruolo sempre più centrale nella gestione dei crediti deteriorati delle banche italiane. Ma ciò che a prima vista sembra un’operazione industriale sana, rivolta a garantire la stabilità del sistema, porta con sé un retrogusto difficile da ignorare: e se stessimo, ancora una volta, socializzando le perdite di chi ha guadagnato in tempi di prosperità?

Questo articolo intende esplorare il ruolo reale di AMCO nel panorama finanziario italiano, i numeri che la sorreggono, gli interventi del MEF e il dubbio sistemico che aleggia su tutta l’operazione: una società pubblica può davvero essere neutrale quando agisce nel cuore del capitale?

Origini: quando lo Stato divenne gestore di fallimenti

Per comprendere AMCO, bisogna tornare al 1996, anno della nascita della SGA – Società per la Gestione di Attività, creata per gestire i crediti deteriorati del Banco di Napoli, all’epoca travolto dai debiti. Da allora, quel modello di “bad bank” pubblica si è evoluto, fino a diventare uno strumento strategico nelle mani dello Stato per gestire crisi bancarie senza farle esplodere.

Nel 2017 e 2019, AMCO (nuova denominazione della SGA) è entrata in azione su fronti ben più complessi: Veneto Banca, Banca Popolare di Vicenza, Carige e Banca Monte dei Paschi di Siena.

Lo schema è sempre lo stesso: la banca cede crediti problematici, AMCO li acquista a prezzo di mercato (scontato), la banca alleggerisce il bilancio, e la bad bank prova a recuperarli nel tempo.

Il principio: efficienza o escamotage?

Sulla carta, tutto ha senso. AMCO non regala soldi. Acquista a sconto e lavora per valorizzare al massimo quei crediti deteriorati. Il suo operato è regolato da criteri di mercato, è sottoposta a vigilanza, pubblica bilanci certificati e per diversi anni ha persino registrato utili.

Eppure, il fatto che sia interamente partecipata dallo Stato solleva una questione etica e politica. Perché lo Stato deve farsi carico del rischio che, in un mercato sano, dovrebbe restare in capo alle banche?

Inoltre, è davvero neutrale la valutazione di quei crediti? E quanto è sottile la linea tra “valorizzazione” e “copertura delle perdite”?

I numeri della questione

Nel 2019, il MEF ha deliberato un aumento di capitale di un miliardo di euro per consentire ad AMCO di rilevare i crediti deteriorati di Carige. Nel 2020, è stata la volta di MPS: AMCO ha acquistato 8,1 miliardi di NPE (Non Performing Exposure), in un’operazione che ha permesso alla banca senese di presentarsi più “snella” sul mercato.

Ma c’è un dettaglio cruciale: quegli 8 miliardi di crediti sono stati acquistati a circa 4,4 miliardi di euro. E già nei primi bilanci successivi, AMCO ha dovuto iscrivere rettifiche di valore importanti. Tradotto: si prevede che una parte significativa di quei crediti non verrà mai recuperata.

Chi paga la differenza? AMCO. Ovvero, indirettamente, lo Stato. E, quindi, i cittadini.

L’opacità delle responsabilità

AMCO agisce con una governance tecnica, indipendente dal MEF. Tuttavia, le sue operazioni avvengono in un contesto politico e istituzionale in cui le banche coinvolte hanno spesso relazioni complesse con i centri di potere nazionali e locali.

In assenza di una vigilanza parlamentare sistematica o di un dibattito pubblico acceso, è legittimo chiedersi se esista un controllo effettivo sull’efficienza delle sue operazioni. I report sono pubblici, ma chi li legge davvero? Chi valuta i rischi sistemici connessi?

Il confronto europeo: altri modelli

In Europa, esistono modelli simili (la spagnola Sareb, la tedesca FMS Wertmanagement), ma con esiti diversi. In Spagna, ad esempio, la bad bank è finita con il diventare un gigantesco contenitore di immobili svalutati e crediti irrecuperabili, trasformandosi in un fardello per il bilancio statale.

La differenza? In Italia, AMCO sembra godere di una reputazione migliore e ha finora dimostrato maggiore disciplina. Ma è una garanzia sufficiente?

Una questione politica e culturale

La vera domanda non è tecnica, ma politica: è giusto che lo Stato intervenga per “ripulire” le banche? E se sì, a che condizioni?

Perché se il meccanismo diventa sistemico, e non straordinario, allora il rischio è che le banche operino con una sorta di garanzia implicita: se qualcosa va storto, arriva AMCO. Non è più capitalismo, ma un capitalismo moralmente asimmetrico: i profitti sono privati, le perdite pubbliche.

AMCO oggi: bene gestita, ma per chi?

Chiariamolo: AMCO non è un carrozzone. È ben strutturata, con un board tecnico, linee guida chiare, e risultati operativi concreti. Il problema non è nella sua gestione, ma nella filosofia che ne legittima l’esistenza.

Cosa succederebbe se una grande banca italiana tornasse a essere in difficoltà? AMCO sarà pronta a intervenire di nuovo? E soprattutto, con quali risorse? Il MEF è disposto a metterci altri miliardi?

Verso una bad bank permanente?

La prospettiva peggiore non è che AMCO perda soldi, ma che diventi una struttura sistemica permanente, cioè una sorta di garanzia implicita per il sistema bancario. Se così fosse, bisognerebbe ammettere che il libero mercato bancario in Italia non esiste più: esiste un mercato drogato, dove chi sbaglia non fallisce, ma viene salvato con soldi pubblici.

In questo senso, AMCO potrebbe trasformarsi da strumento emergenziale a dispositivo ideologico: un modo per mantenere la stabilità senza affrontare le vere radici della fragilità bancaria italiana.

Chi vigila sul vigilante?

Alla luce di tutto ciò, torna la domanda iniziale: AMCO serve a gestire i crediti deteriorati o a proteggere il sistema bancario dal giudizio del mercato?

Forse entrambe le cose. Ma una cosa è certa: se i contribuenti devono farsi carico, anche solo indirettamente, dei fallimenti bancari, allora hanno il diritto di sapere, capire e vigilare. Ecco perché, oggi più che mai, è necessario che il Parlamento, i media e la società civile tengano alta l’attenzione su una realtà strategica ma opaca.

AMCO è uno specchio. E ciò che riflette non è solo la nostra economia, ma la nostra idea di giustizia economica e di responsabilità collettiva.

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